Storia segreta/Capo IX
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CAPO IX.
Qui piacemi narrare perchè incominciasse ad alienarsi da Belisario Giovanni, nipote di Vitaliano per parte di sorella: il qual fatto gran danno cagionò alle cose de’ Romani.
Tant’odio l’Augusta portava a Germano, e tanto palesemente, che nissuno con lui, sebbene figliuolo del fratello dell’Imperadore, ardiva pensare ad imparentarsi per via di matrimonio. E di fatto in sino a che ella visse, i figli di lui non trovaron nozze; e Giustina, sua figlia, non ostante che fosse giunta ai diciotto anni, stavasi ancora senza marito. Ora capitato a Costantinopoli per commissione di Belisario Giovanni, venne Germano indotto a trattare con esso lui delle nozze della figliuola, sebbene Giovanni fosse di dignità assai inferiore. E come furonsi acconciati insieme, pensaron bene di obbligarsi con reciproco solennissimo giuramento a fare ognuno quanto potesse perchè il matrimonio avesse effetto. Di ciò la ragione fu, che grandemente diffidavano l’uno dell’altro; Giovanni perchè conosceva di ambire più di quello, che gli convenisse; Germano perchè disperava di trovare parentado migliore.
Ma acerbamente tollerava l’Augusta un tal maritaggio; e ad impedirlo ricorse ad ogni genere di raggiro, e di cabale. E come vide che nemmeno le più gravi minacce valevano a ritrarre dal proposito l’uno o l’altro dei due, fece senza mistero alcuno sentire a Giovanni che il perseverare nel divisamento gli costerebbe la vita. Obbligato dopo ciò Giovanni a ritornare in Italia, si astenne dal praticar Belisario fino a tanto che Antonina non fosse partita per Costantinopoli, temendo le facili insidie di costei. Imperciocchè non parve mal fondato il sospetto, che dall’Augusta le fosse comandato di farlo ammazzare, considerato l’animo di Antonina capace di tutto, e quello di Belisario piegato a far tutto a volere di questa donna. Per la qual cosa, come gravissimo era il motivo della paura, così fortemente questa comprese il cuor di Giovanni. Allora adunque le cose romane, già reggentisi, direm così, sopra un solo piede, interamente ruinarono.
Di tal maniera procedendo la guerra de’ Goti, e vedendo Belisario disperati gli affari, pregò l’Imperadore che al più presto gli desse licenza di partirsi d’Italia; e come n’ebbe facoltà, lietissimo si mosse tosto, dando l’addio all’esercito, e alla Italia, che per la maggior parte lasciò in poter de’ nemici, con Perugia stretta da crudele assedio, la quale, mentr’egli se ne giva, essendo rimasta espugnata, ebbe, come già narrammo, a soffrire ogni genere di calamità.
Ma un altro infortunio intanto venne addosso a Belisario giunto che fu a casa. Teodora augusta sollecitava le nozze della figliuola di lui col nipote Anastasio, a tanto che l’insistere di lei con lettere su questo argomento era divenuto gravissimo ai genitori. Per evitare quel matrimonio essi ne aveano rimessa la celebrazione al loro ritorno; e quando in fine furono chiamati a Costantinopoli, sebbene ne avesse Belisario fatta tanta istanza, dissero non potere per allora partirsi d’Italia. Ma Teodora sapendo, che la fanciulla, non avendo Belisario altri figli, ne sarebbe stata l’erede, voleva, come già fu detto, che Anastasio avesse il possesso de’ beni di Belisario. Però non fidossi ella in questo affare di Antonina; anzi temette, che se a lei avvenisse di morire, quella donna non conservasse più a riguardo suo la benevolenza di cui in tante gravissime cose avuto avea non dubbie riprove; e che niun attaccamento più avesse per la famiglia sua, e rompesse l’accordo dianzi fatto. Dopo queste considerazioni, ecco l’empio attentato ch’ella eseguì. Contro ogni più sacro principio mette la donzella a convivere col paggio, non senza fama che occultamente e per forza l’avesse fatta violare, affinchè per la viziatura della fanciulla confermati gli sponsali, l’Imperadore non potesse opporvi impedimento. Ma anche dopo un tal fatto, da otto mesi convivendo insieme Anastasio e la donzella, erano già presi entrambi di mutuo ardentissimo amore.
L’Imperadrice era morta quando Antonina approdò a Costantinopoli. Essa istruita di tutto, finse pur d’ignorarlo, o di dimenticarlo; e nulla curando l’infamia dello stupro, se dar potesse ad un altro in isposa la figlia, niun riguardo avuto al nipote di Teodora, dall’amore di lui violentemente strappò la figlia benchè scontenta: il che presso tutti le diede concetto di donna improbissima. Giunto poi dall’Italia il marito, poca fatica ebbe a fare per trarlo a parte di tanta scelleraggine. E la vera indole di Belisario allora finalmente si conobbe da tutti. Ognuno in addietro gli avea perdonato il non avere tenuta fede a Fozio, e a’ varii suoi intrinseci, poichè sospettavasi che, non pel predominio sull’animo suo della moglie, ma sivvero per paura della Imperatrice mancato avesse. Ma poichè questa era, come si disse, morta, vedutosi senza riguardo alcuno a Fozio, e a’ suoi famigliari, e prender legge dalla moglie, e dal lenone Caligono, tutti lo presero a disprezzare, ed a beffarlo come un insensato. Questi furono, per dirlo liberamente, i peccati di Belisario.