Makarij (monaco): differenze tra le versioni

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Versione delle 21:05, 4 dic 2015

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File:Makarij at monastery in Verhoturje, 1909 02.jpg
Makarij fotografato alla sua cella di Verhoturje nel 1909.

Padre Makarij (in russo Макарий?), nato Michajl Vasil'evič Polikaropov (in russo Михаил Васильевич Поликарпов?) (Gubernija di Kazan', 1851Bose, 19 luglio 1917) è stato un monaco russo. Viene ricordato come il padre spirituale di Grigorij Efimovič Rasputin.

Biografia

Le origini

Michajl Vasil'evič Polikaropov nacque in una famiglia contadina in un villaggio della Gubernija di Kazan'. Makarij era uno starec, cioè un monaco anacoreta capace di profetare e di guarire, il quale aveva raggiunto già da vivo il colmo della beatitudine, un vero santo di Dio, il santo protettore dei poveri. Noto in tutta la Russia per la sua santa vita, era uno degli uomini più saggi del paese. I pellegrini giungevano per lui non solo dagli Urali, ma anche da tutta la Russia. Faceva il pastore di maiali presso l'antico monastero di San Nicola di Verhoturje, una cittadina degli Urali nella regione di Ekaterinburg, attualmente Sverdlovsk, sin dall'infanzia. Entrò in monastero quando aveva più di trent'anni. Ormai placato da ogni passione terrena, risiedeva in una grotta, che era il suo rifugio, nella foresta del grande fiume Oktay situata a dieci miglia dal convento, nel monastero di Oktajskom, di cui solo pochissimi eletti conoscevano l'esatta ubicazione, tanto era il suo desiderio di isolarsi dal mondo. Non mangiava niente per mesi, pascolava i maiali e restava per ore nel folto del bosco a pregare. Essendo analfabeta, conosceva Cristo solo attraverso le funzioni ecclesiastiche e aveva imparato le preghiere oralmente.

Il primo incontro con Rasputin

Ultima foto, fatta da A. Vyrubova, di Makarij con Rasputin al monastero di Oktajskij il 25 agosto 1916.

Nel 1892, all'età di ventotto anni[1], Grigorij Efimovič Rasputin, giunto in pellegrinaggio a pregare al monastero di Verhoturje, sentì molto parlare di Makarij dal novizio Myleti Saborevskij, che aveva accompagnato dal villaggio natale di Pokrovskoe fin lì. Prima di lasciare il convento, voleva inginocchiarsi di fronte a lui per avere la sua benedizione. Un giorno, ruppe ogni indugio e disse al frate Pëtr Dmitrievič, che aveva funzioni di vice rettore all'accademia ecclesiastica e di cui era divenuto molto intimo, di condurlo da Makarij. In quel momento, i due stavano in preghiera davanti al reliquiario di san Simone e lì, in presenza delle ossa benedette, nulla che attenesse alla fede poteva essere rifiutato. Così, Dmitrievič gli rispose di terminare la sua novena alla Vergine e, quando il suo spirito si sarebbe abbastanza purificato, lo avrebbe condotto da Makarij. Prima non era possibile: egli si sarebbe accorto che la sua anima non era candida e non lo avrebbe accolto fra le sue braccia.

Una mattina d'inverno, esaudite le preghiere impostegli da Dmitrievič, Rasputin ebbe la lieta sorpresa di essere invitato ad andare da Makarij.[2] Nella foresta, a un tratto, i pellegrini udirono un canto strano. Una voce di vecchio, dolcissima e inconfondibile, così leggera che non aveva quasi più nulla di umano, li guidò là dove gli alberi andavano facendosi più fitti: nessuno, se non condotto da quel messaggio stranissimo, avrebbe potuto mai supporre che vi vivesse una creatura. Fattisi largo attraverso le fronde intrecciate, quasi una siepe impenetrabile, i due pellegrini videro Makarij. Stava sulla soglia della sua grotta e, appena li ebbe avvistati, alzò le braccia coperte di catene per benedirli: « Che la pace del Signore sia con voi. » I due si inginocchiarono e abbracciarono le sue caviglie, il quale, con gesto amorevole, li sollevò. Poi, prima ancora che potessero parlare, Makarij confessò, in segno di suprema umiltà, i propri peccati ai visitatori:

«Ho goduto in modo insano la mia giovinezza. Sono stato schiavo della carne e dei piaceri senza vedere in essi la mia redenzione. E ora eccomi qui che pecco ancora ricordando il peccato fine a se stesso, perché ricordare ciò che vi è stato di disonorevole nella nostra vita aiuta a riconoscere le vie del male, che si cancella solo se noi nel pentimento lo rammentiamo.»

Dette queste parole, Makarij cadde a sua volta in ginocchio al cospetto dei due, che non si erano ancora rialzati, e aggiunse: « Fratelli, benedite il più inutilmente peccatore degli uomini, benedite l'ultimo e il peggiore dei chlysty ». Rasputin, a queste invocazioni, sentì le lacrime salirgli agli occhi e d'impeto si prosternò a terra, e gridò che era lui che doveva benedire loro se pensava che ne fossero degni. Dopo la reciproca benedizione, i tre sedettero su rozzi sgabelli e Makarij volle ascoltare da Rasputin la storia della sua vita. Il giovane gli narrò le sue aspirazioni mistiche e le tentazioni dei sensi. Gli disse che si sentiva molto attratto dal mondo e, nel medesimo tempo, chiamato da Dio. Avrebbe voluto essere servo della Vergine Maria, ma si accorse che era anche schiavo della carne, che nessuna penitenza riusciva a domare. Il racconto di Rasputin si chiuse con una invocazione. Baciando le sue catene, lo pregò e lo scongiurò nel nome santo di Dio di guidarlo lungo la via della salvezza: voleva essere un giorno un santo starec come lui era e voleva anche che i suoi peccati contribuissero alla sua salvazione. A questo punto, Makarij si alzò in piedi e, col viso ispirato e rivolto al cielo, rispose:

«Io ti parlo in nome dell'arcangelo Michele, che ogni giorno viene a visitarmi e ad annunziarmi quello che sarà il nostro futuro. Ebbene io so, perché lui me lo ha rivelato, che sarebbe giunto nella mia umile dimora un grande figlio della santa Russia. Egli sarà il nuovo profeta, la reincarnazione del Cristo. In questi giorni, ho sentito, Grigorij, che tu ti stavi avvicinando a me. Venivi dalla Siberia, dove l'anima degli uomini ancora non è corrotta. Tu sei l'eletto del Signore, il figlio del miracolo e della resurrezione. Non posso dirti nulla che tu già non sappia. Va', figlio, grande è la terra che tu devi conquistare, innumerevoli sono i peccati che sei chiamato a cancellare. Enormi fatti ti chiamano, cose che sono tra cielo e terra, negli altri palazzi e nelle grandi città, tra i potenti di questo mondo che invocano una nuova luce. Ebbene, tu sei questa luce, tu devi andare da loro. Non li deludere. Prendi la bisaccia e il bastone del pellegrino e va'. Abbandona ogni legame. La tua famiglia in questo momento è la Russia. Ma prima devi riscattarti attraverso il rito del peccato. Solo così sarai un perfetto chlysty, un vero strannik: il pellegrino di Dio.»

Lasciato Makarij, che non voleva assolutamente rialzarsi fino a che Rasputin non fosse scomparso dalla sua vista, i due tornarono al monastero. Adesso la prima missione era da compiere: quella della iniziazione di colui che aveva appena ricevuto una sorta di alta investitura da parte di Makarij, con una cerimonia particolare, ed essa fu organizzata dal monaco Boris Orlov'ev, addetto alle cerimonie solenni.[3] Dopo l'iniziazione e il colloquio con Makarij, Rasputin sentì che era arrivato il momento di lasciare il suo monastero preferito.[4] Poi Makarij si fece monaco nel 1900 e cominciò a vivere da eremita.

Il viaggio dei monaci

File:Makarij, Theofan of Poltava and Rasputin, 1909 03.jpg
Makarij, Feofan e Rasputin, fotografati al negozio di fotografia monastica nel 1909.

Evidentemente, Rasputin parlava di Makarij allo zar Nicola II, poiché al monastero giunse del denaro da parte sua per la costruzione di una cella per lui, ovvero un eremo non lontano dal monastero dove vivesse da eremita. Inoltre, furono mandati dei soldi per un suo viaggio a San Pietroburgo e Makarij allora andò a Carskoe Selo, conversò con lo zar e la sua famiglia del loro monastero e di come ci viveva. Non vide nessuna cattiva azione compiuta da Rasputin e dalle persone che erano venute da loro insieme a lui.

Ma, nell'estate del 1909, Makarij non era stato certo convocato a Carskoe Selo per raccontare agli zar come vivevano al monastero. Nicola II annotò sul diario: « 23 giugno. Dopo il tè sono venuti da noi Feofan, Grigorij e Makarij ». Fu proprio allora che la zarina Alessandra raccontò a tutti e tre la sua idea. Conoscendo i dubbi su Rasputin manifestati dal suo confessore, il vescovo Feofan, aveva pensato di mettere in contatto quest'ultimo con Makarij, che era tanto devoto a Rasputin, affinché si recassero insieme al paese natale di Rasputin. Era convinta che il viaggio avrebbe rinnovato l'amicizia di Feofan per Rasputin, dissipando tutti i dubbi.

Nella seconda metà di giugno, Makarij si mise in viaggio insieme a Rasputin e a Feofan. Arrivando all'inizio al monastero di Verhoturje, diversamente da Rasputin, Makarij e Feofan, secondo l'uso dei pellegrini, osservarono il digiuno, così da avvicinarsi alle cose sacre a stomaco vuoto. Rasputin assicurava Makarij e Feofan di venerare Simeone di Verhoturje, tuttavia, quando nel monastero cominciò la funzione, se ne andò chissà dove in città. Nella casa a due piani di Rasputin, evidentemente Feofan cercò di parlare a Makarij del pericolo rappresentato dai discepoli di Rasputin: Il'ja Arsenov e Nikolaj Raspopov. Ma Makarij per Feofan era un enigma: nella maggior parte dei casi diceva cose incomprensibili, ma a volte proferiva una parola che illuminava tutta la vita. Makarij, però, capace di illuminare tutta la vita, quella volta disse cose incomprensibili.[5]

La generalessa pazza

All'inizio di marzo del 1912, il monaco Iliodor e Rasputin avevano rotto i rapporti ed erano diventati nemici. La loro famosa seguace, Olga Vladimirovna Lohtina, pensò allora di andare ad abitare accanto a Makarij, dove poteva sentirsi almeno in prossimità del suo paradiso perduto. Stavano restaurando la cella di Makarij e lei si sistemò nella piccola dispensa. Makarij puntellò la porta con un'asse e vi appoggiò sopra una pietra. Si nutriva una volta al giorno, le davano gli avanzi del cibo di Makarij. I monaci non compresero il suo slancio e chiesero che la donna venisse allontanata dal convento maschile. Quando arrivò la polizia e le consegnò l'ingiunzione di andarsene, lei rispose che volontariamente non se ne sarebbe andata, ma fu costretta ad allontanarsi, poiché i monaci piombarono addosso a Makarij e lo picchiarono. Lohtina mandò un telegramma al riguardo al sovrano, pregandolo di difendere Makarij, che conosceva di persona, e lui lo difese. Punirono i monaci e restaurarono velocemente la cella di Makarij. Costruirono anche una piccola cameretta annessa alla cella separata, affinché Lohtina potesse vivere accanto a Makarij.[6] Al romitaggio, Lohtina portava la legna, puliva e lavava la cella di Makarij, pregava.[7]

La rivoluzione russa

Nel marzo del 1917, dopo l'abdicazione dello zar Nicola II e il trionfo della rivoluzione di Febbraio, all'eremo dell'allora sessantenne Makarij arrivarono gli inquirenti della Commissione istruttoria straordinaria per le indagini sulle azioni illegali dei ministri e di altri funzionari del regime zarista, istituita proprio allora dal Governo provvisorio di Kerenskij. Makarij era considerato il padre spirituale di Grigorij Rasputin e quindi fu interrogato nella sua cella in rovina. Ottenere delle risposte non era facile, perché Makarij era balbuziente. La sua deposizione, di quando conobbe Rasputin circa dodici anni prima e della sua visita a Carskoe Selo, è conservata nel Dossier di questa Commissione. Su Rasputin non riuscirono a tirargli fuori altro.[8]

Detenuto da aprile in custodia cautelare per meno di due mesi circa, morì a Bose il 19 luglio 1917 e fu sepolto nel cimitero del monastero di Verhoturskogo. Il 29 novembre 1917, la triste notizia raggiunse alla fine i regali martiri, che a quel tempo erano già a Tobol'sk. Nell'estate del 1918, quando fu uccisa la famiglia imperiale, i bolscevichi avevano saccheggiato il monastero di Verhoturje.

Galleria fotografica

Note

  1. ^ Amal'rik, pp. 3 e 6
  2. ^ Grillandi, pp. 53-54. L'autore descrive così il loro cammino:

    «La stagione era inclemente e la terra era serrata da un'acuta morsa di gelo. Ma, al momento della partenza, l'aria si addolcì e cominciò a nevicare. Giunti nella foresta, il cielo si aprì e una gran pace calò sulle cose. Come sembrava lontano il mondo pur quieto del monastero. Le nuvole, fino a poco prima bianche e colme di neve, svelarono a poco a poco un terreno azzurro, che sembrava preludere alle gioie della primavera. Anche la temperatura, per una stranezza meteorologica o per qualche altra ragione che Rasputin non seppe o non volle indagare, si andava facendo sempre più dolce. Pëtr Dmitrievič camminava sicuro, evitava orrendi dirupi e induceva il compagno a varcare un impetuoso fiume, le cui acque erano rossastre, forse per la presenza di microrganismi. I due andavano su ciottoli levigati, consunti al centro da piedi che non sembravano essere stati mortali. Almeno questo era il parere di Pëtr Dmitrievič. Rasputin, più concretamente, pensò che anche il passaggio degli uomini poteva lasciare il segno.»

  3. ^ Grillandi, pp. 53-56.
  4. ^ Grillandi, p. 60
  5. ^ Radzinskij, pp. 123-125
  6. ^ Radzinskij, pp. 180-181
  7. ^ Radzinskij, p. 412
  8. ^ Radzinskij, p. 123

Bibliografia

  • Edvard Radzinskij Rasputin - La vera storia del contadino che segnò la fine di un impero, Oscar Storia, Mondadori
  • Andrej Alekseevič Amal'rik Rasputin - Il monaco nero e la corte dell'ultimo Zar, Res Gestae Edizioni
  • Massimo Grillandi Rasputin, Tascabili Bompiani, Milano

Altri progetti

Voci correlate