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Legio I Minervia

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Legio I Minervia
Denario di Gallieno, dedicato alla I Minervia, "sei volte pia sei volte fedele". Nel rovescio è raffigurata Minerva, patrona della legione
Descrizione generale
Attivadal 82 al IV secolo;
Tipolegione imperiale
fortezza legionariaBonna
Comandanti
Degni di notalegati legionis:
Simboli
SimboloMinerva
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La Legio I Minervia (della dea Minerva) fu una legione romana formata da Domiziano[1] probabilmente nell'82 per la campagna contro la tribù germanica dei Catti. Il suo cognomen è derivato dalla dea Minerva, cui Domiziano era particolarmente legato; un'immagine della dea era l'emblema della legione, ma è attestato come simbolo legionario anche l'ariete. Ci sono documenti che attestano la presenza della I legione Minervia presso il confine del Reno ancora verso la metà del IV secolo.

Da Domiziano agli Antonini

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Il primo e principale accampamento di questa legione si trovava nella città di Bonna (moderna Bonn), nella provincia della Germania Inferior. Nell'89, la legione soffocò una rivolta del governatore della Germania Superior e così, come riconoscimento dell'aiuto dato, Domiziano le diede il cognomen Pia Fidelis Domitiana (cioè leale e fedele a Domiziano).

Partecipò alle guerre di Traiano contro i Daci (101-106), sotto il comando del futuro imperatore Adriano. L'emblema della legione compare nella Colonna di Traiano, a Roma, insieme ai simboli delle altre legioni.

Sebbene appartenesse all'esercito di stanza in Germania, vexillationes della legione furono stanziati in diverse zone dell'Impero:

Dai severi al IV secolo

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Denario coniato nel 193 sotto Settimio Severo, per onorare la I Minervia, che aveva sostenuto il comandante delle legioni in Pannonia nella sua ascesa per la porpora di imperatore.

Insieme alla XXX legione Ulpia Victrix stazionò vicino ai Castra Vetera II (odierna Xanten).

Durante le guerre civili del tardo II e III secolo, la legione sostenne i seguenti imperatori:

Attorno al 353, Bonna fu distrutta dai Franchi e la I legione Minervia scomparve dalle fonti. Tuttavia, non ci sono testimonianze che attestano la sua distruzione.

  1. ^ Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, LV, 24.

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