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Cesare Levi

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Cesare Levi (1874 – 1926), giornalista, critico teatrale e storico italiano.

Citazioni di Cesare Levi

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  • Ebbe, la Duse, la curiosità propria degli artisti, di tutto vedere, di tutto sapere, di tutto conoscere: senza aver mai potuto far studi regolari, s'era formata da sé una ricca cultura: amava molto leggere; e le sue preferenze per qualche poeta e qualche scrittore di grande ingegno, denotano il suo fine buon gusto. Conosceva vari lingue, e parlava il francese alla perfezione. In ogni città dell'Italia e dell'estero, dove la portavano le sue tournées, ella amava indugiarsi nei musei, nelle chiese, e visitare le curiosità più interessanti.[1]
  • [...] la più celebre fra tutte [le Colombine] fu Caterina, figlia del celebre Dominique: niuna doveva superare per abilità, per grazia, per fascino questa piccante attrice del '600.
    Caterina Biancolelli era piccola di statura, bruna di pelle, ma eccessivamente graziosa: era molto istruita: parlava con facilità diverse lingue ed i varii dialetti italiani: era dotata di un talento agile e pronto.[2]
  • Non paragonabile a nessun'altra attrice neppure alla stessa Bernhardt, dalla quale ebbe forse i primi alimenti artistici, perché quanto era nell'attrice francese artificio diventava nell'italiana semplicità, naturalezza, umanità – quando recitava Eleonora Duse era tutt'altra cosa: essa dava un'impressione di freschezza, di luminosità, come se le creature che ella foggiava alla scena fossero in un'atmosfera lirica, di un'umanità poetizzata: quasi una sintesi della femminilità nel suoi più varî, disparati aspetti: dalla frivolezza alla passione, dall'amore all'odio, dalla gelosia alla rinuncia.[3]

Autori drammatici italiani

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  • Ma il Verga, temperamento di osservatore acutissimo, riducendo per le scene la novella intitolata Cavalleria Rusticana – pubblicata nel «Fanfulla della Domenica» ancor prima che nel volume: Vita dei campi (1880) – non si avvide, per quella incoscienza che è propria dei veri artisti, del grande valore che aveva quel breve atto drammatico, specialmente rispetto al precedente Teatro: era un nuovo soffio d'aria pura che spirava sul palcoscenico italiano, a spazzare gli ultimi residui del Romanticismo tragico e del convenzionalismo della Commedia borghese. (pp. 4-5)
  • Giornalista, novelliere, poeta dialettale, autore di gaie e spumeggianti commedie e di drammi profondamente psicologici, Roberto Bracco occupa un posto a sé nella letteratura italiana d'oggigiorno: è un solitario, che, pur avendo accostato uomini dei più disparati ambienti, un po' per professione, ma più per curiosità di osservatore, ama vivere fuori di ogni ambiente giornalistico, di ogni cenacolo letterario, insofferente di ogni richiamo o di ogni indiscrezione preventiva intorno alla sua opera. (p. 19)
  • [...] sin dal suo primo dramma: Una Donna, scritto a venti anni, sentiamo nel Bracco questa compassione per colei che dalla società è oppressa, schiava della brutalità del maschio, il quale spesso vale moralmente ed anche intellettualmente meno di lei.
    Questo femminismo sarà il motivo dominante di tutta l'Opera di Roberto Bracco: in ogni suo dramma, in ogni sua commedia, da Una Donna (1892) a L'Amante lontano (1916), la donna appare, nella secolare lotta con l'uomo, sempre la migliore: nell'eterno dissenso, nell'eterna incomprensione fra i due sessi, il Bracco vuol far apparire come ella sia, per leggi inique, in una condizione sottoposta all'uomo, mentre la sua intelligenza, il suo spirito d'abnegazione e di sacrificio, il suo altruismo la dovrebbero porre al suo stesso, livello. (pp. 20-21)
  • L'amico (1886) non ha un grande valore d'arte, ma rivela già, nella sua secchezza drammatica, l'uomo di teatro per eccellenza che sarà [Marco] Praga, rivela in germe quelle che saranno le caratteristiche migliori del commediografo milanese: analisi profonda del carattere femminile, sobrietà concettosa del dialogo, facoltà di osservazione chiara, netta, precisa, e attitudine a riprodurre la realtà della vita con pochi segni caratteristici. (p. 70)
  • [Sabatino Lopez] Subito, alle prime battute di una sua commedia, in quella chiarezza d'esposizione, in quell'entrar immediatamente nell'argomento, in quello snodarsi semplice del dialogo, senza intoppi, senza puntelli, ci accorgiamo di essere di fronte a un commediografo di buona tempra. (p. 113)
  • Il Lopez non esce per lo più dal solito triangolo misuratore del Teatro italiano contemporaneo: marito, moglie e amante forniscono argomento a pressoché tutte le sue commedie e ai suoi drammi [...]. (p. 121)
  • Bufere è il dramma migliore del Lopez: semplice, nudo, disadorno, tipicamente italiano nell'assenza di ogni orpello, di ogni personaggio e di ogni episodio inutile all'armonia dell'opera, di una sobrietà anche eccessiva, rapido, avvincente, vivo, côlto dalla vita d'ogni giorno, ed espresso negli episodi più significativi e nei caratteri più adatti a dar risalto al dramma. (p. 130)
  • Sabatino Lopez è il vero esponente del buon senso borghese: ed è, oltre che pel buon senso e per la misura, schiettamente toscano per quell'arguto spirito d'osservazione, che sa vedere i difetti e canzonarli con garbo e con grazia squisita.

Molière

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  • Molière non si limita ad osservare gli uomini ed a riprodurne in scena le debolezze, i difetti, i vizì, le passioni, ma mescola all'osservazione degli individui le passioni proprie: artisticamente indifferente, da vero uomo di teatro, che sa sdoppiare la propria anima in tante anime quanti sono i personaggi che raffigura, ed allo stesso tempo poeta e moralista appassionato, che porta sulla scena le sue collere, le sue indignazioni, i suoi fieri ed aspri rancori. (p. 73)
  • Da vero, grande poeta drammatico Molière ha in sommo grado facoltà di intuire ciò che un dato individuo, raffigurato con certe sue caratteristiche definite, farebbe in una data condizione speciale: ed egli ha sempre l'abilità di porre quell'individuo in quelle tali condizioni dì vita, che meglio giovano a metterne in luce il difetto, il ridicolo, la passione, il vizio che si vuol caratterizzare e sferzare: e sintetizzare perciò in un solo individuo le caratteristiche di quel dato ridicolo, di quella data passione, di quel dato vizio: «Arpagone» non è soltanto un uomo avaro, ma è «l'avaro» tipico, assommando in sé tutte le particolarità di questo vizio; e Molière sceglie appunto quegli episodì che meglio servono a far apparire il vizio di Arpagone: lo mostra fastoso suo malgrado, nell'imminenza del suo matrimonio, e fa sì che la sua passione al denaro si riveli al più alto grado, allorché gli è rubata una cassetta piena d'oro: passione così violenta da abolire in lui ogni altro sentimento: l'amore per la sposa, l'affetto verso i figli.
    Così per Tartuffo, così per «Alceste» del Misantropo, così per «Jourdain» del Borghese gentiluomo, così per «Argante» dell'Ammalato immaginario. (pp. 73-74)
  • Molière vive eterno per i grandi caratteri che ha saputo plasmare con forza michelangiolesca: per la mirabile sintesi di vizì, difetti ridicoli, passioni eterne, come è eterna la vita.
    In Molière non c'è, salvo forse negli «intermezzi» delle «commedie-ballo», grande fantasia; e non c'è neppure grande ispirazione lirica: è la vita propria che ha suggerito a Molière questa concezione materialistica della vita altrui. Talora però la poesia sgorga, più che dalla natura, dalle cose stesse, dal carattere dell'individuo: la poesia di Molière è l'alta idealità morale che presiede alla vita di Alceste: e sono anche bella e ricca poesia umana i mille intrighi e le mille astuzie usate da servi e da figli giovani contro vecchi padroni e vecchi genitori avari, maniaci e dispotici, perché si possa raggiungere lo scopo prefisso e si possa realizzare il loro sogno d'amore: e possa vincere l'istinto naturale contro le costrizioni di convenienze sociali o di interesse. (p. 74)

Incipit di alcune opere

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Goldoni nel teatro

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Curioso stimolo quello che spinge alcuni autori comici a scegliere a protagonisti delle loro produzioni teatrali altri comici autori: certamente appare strana l'abitudine di risvegliar dall'eterno sonno coloro che furon dai pubblici acclamati per farli responsabili e quasi complici troppo spesso di insuccessi clamorosi, e farli comparire, sotto, una pioggia di fischi, a quello stesso teatro, ove forse pochi anni prima risuonavano gli applausi più entusiastici.
Ben può osservare qualche maligno, che il solo desiderio di veder riversata una parte della gloria dei vecchi autori sulle proprie produzioni, può aver spinto questi commediografi novellini a porre sulle scene quelli, che già furon famosi: fallace speranza! troppo spesso il pubblico, di fronte a commedie manchevoli, in cui sia protagonista un autor comico, ha facile il ricordo delle opere di questo: ed il confronto torna tutto a disfavore dell'autore inesperto.

La critica metastasiana in Italia

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Parlare oggi – all'alba del XX secolo – di Pietro Metastasio potrebbe sembrare un anacronismo di pessimo gusto.
Chi se ne rammenta più?
Se ci fu scrittore che abbia avuto grandissima, strepitosa fortuna in vita, che sia rapidissimamente salito alla fama, e che non meno rapidamente sia disceso nell'oscurità, questi fu Pietro Metastasio.

Note

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  1. Eleonora Duse, in Nuova Antologia di Lettere, Scienze ed Arti, fascicolo 1254, 16 giugno 1924, vol. 235, p. 370.
  2. Colombina, in Rivista teatrale italiana, Anno V, vol. IX, 1905, p. 21.
  3. Eleonora Duse, in Nuova Antologia di Lettere, Scienze ed Arti, fascicolo 1254, 16 giugno 1924, vol. 235, pp. 365-366.

Bibliografia

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Altri progetti

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