Gina Lagorio
Giuseppina Lagorio (1930 – 2005), scrittrice italiana.
Citazioni di Gina Lagorio
[modifica]- A chi compie liberamente una scelta la rinuncia non pesa.[1]
- Le malattie sono più intelligenti di noi, trovano la risposta dei nostri problemi prima della ragione.[2]
- La verità può non essere una regola di vita, ma è anzi una grazia rara, da guardasi persino con sospetto.[3]
- Ricordati che ogni cosa si può dire con la parola giusta: tra quattro aggettivi, non lasciarne tre, e nemmeno due: uno solo, ma che sia insostituibile.[4]
- Se due amici si incontrano, non importa che anni ed eventi li abbiano tenuti lontani: nel paese si riconoscono, come i loro pensieri riconoscono il paese.[5]
- So scrivere solo con la macchina da scrivere e con la penna. La tecnologia, mi fa insieme fascinazione e paura, non appartiene alla mia generazione.
- [Internet] Mi fa un po' paura, ma so che ci sono dei ragazzi che si sono inventati un lavoro e ci guadagnano.
- In un paese che è così abbietto per tante cose, così incerto, c'è sempre qualcosa per cui, io credo, che la lingua italiana, il genio italiano, il talento italiano, malgrado tutto, avranno modo di affermarsi.
- Oggi la lingua italiana cos'è? La lingua italiana è questo enorme scrigno a cui hanno attinto tutti.
- Siddharta di Herman Hesse è una immagine di un mondo migliore attraverso una visione meno realistica del mondo.
- Il ventre che partorisce il fascismo è sempre gravido.
- Quando hai dei figli sai quello che non dovrai fare, perché hai lo hai rimproverato in cuor tuo a tua madre.
- Non credo che si possa fare una letteratura di sola testa. La letteratura è qualcosa di così intimo, profondo, così necessario, se è necessario – secondo me è una conditio sine qua non – che deve implicare tutta intera la persona, che deve scegliere tra il dovere e il piacere, che deve sapere navigare nel mondo in cui si trova a navigare e in cui è bene, se è possibile, non cedere a troppi compromessi, perché i compromessi corrodono l'integrità di una persona.
- Come fai a dire, «il mondo», senza sentire che Monet non sarebbe Monet se non ci fosse questo trionfo di colori nella natura.
- È un paradiso laico il mio, dove ci metto, naturalmente, mia mamma, che accendeva le candele in chiesa e cantava come un angelo, ci metto mio papà, che bestemmiava.
- Mia madre voleva che facessi la sarta. Mio padre mi diceva: cosa li compri a fare tutti questi libri? La biblioteca è questa! – e mi faceva vedere la sua raccolta di Baroli d'annata.
Approssimato per difetto
[modifica]- Un malato non è più un uomo, nell'accezione comune: ha superato di colpo le tappe che richiedono anni di applicazione: filosofia, storia, religione, hanno lunghe sedimentazioni nel cuore di un uomo sano: in quello di un malato la sedimentazione avviene a ritmo vertiginoso: l'ascesi mistica, o la rinuncia stoica, la verità comunque libera da egoismi, tutto questo arriva con il male. (p. 56)
- Certo è la malattia che mi fa così fragile all'erosione dei sentimenti: eppure, tutta la mia logica di un tempo mi sembra così inutile, ormai... Amare, essere amato: niente altro mi pare che conti o abbia contato. (p. 94)
- Credo che sia l'anima a distruggersi per prima, lei comincia il cammino a ritroso della morte; il corpo la segue e lo completa. (p. 176)
Qualcosa nell'aria
[modifica]Il treno correva ancora, ma più lentamente, effettuando gli scambi, poi s'infilò sotto la tettoia di ferro e il rimbombo risvegliò il soldato che si era addormentato in un angolo, nello scompartimento surriscaldato.
Intorno a lui tre viaggiatori raccoglievano le proprie cose per prepararsi a scendere. Il soldato li guardò, ancora intontito, chiese, a tutti e a nessuno in particolare: «Dove siamo?»
«Mondovì.» gli risposero in due, senza guardarlo; un soldato è un soldato, come tanti altri.
«Tra due ore e mezzo sono a casa,» fu il pensiero ch'egli dette in risposta all'informazione. Guardò l'ora e si accorse di aver fame. Si alzò, s'affacciò al finestrino e cercò con gli occhi, nel trambusto, un ferroviere.
Fuori scena
[modifica]Alla svolta del bastione scorse con stupore e subito dopo con disappunto una macchia chiara sulla panchina. Nell'ora che precede il buio e nemmeno i grilli rompono il silenzio, non capitava mai che ci fosse qualcuno. D'inverno in paese non arrivano forestieri, la gente è sempre la stessa e ha abitudini regolate da ritmi lenti e rispettati: forse, pensò, gli riconoscevano tacitamente il diritto indiviso di quella panchina un'ora al giorno: la gente sapeva che quando il cielo bianco diventa turchino e poi nero, il conte era là a guardare le colline di fronte e la piana in basso, con il quadrato bianco del cimitero fra i pioppi.
Citazioni su Gina Lagorio
[modifica]- [...] ha questo che la distingue: una femminilità appassionata, ma virilmente lucida e coraggiosa, che va diritto alle cose, le ama con l'amore giusto di chi ne ha capito la sostanza e svela nel ricordo una dimensione quasi religiosa. (Claudio Marabini)
- Gina Lagorio sa che ogni Storia, pubblica o privata, si confonde con i sentimenti che la muovono. Le sue pagine, proprio perché sono ricche di calore umano e mai prigioniere dei limiti della storia, hanno echi, lampi di memoria, intuizioni psicologiche, verità politiche e sociali, che scattano di colpo e superano il fatto in sé. (Silvio Riolfo Marengo)
Note
[modifica]Bibliografia
[modifica]- Gina Lagorio, Approssimato per difetto, Mondadori, Milano, 1988. ISBN 9788804318378
- Gina Lagorio, Qualcosa nell'aria, Aldo Garzanti Editore, 1975.
- Gina Lagorio, Fuori scena, Euroclub, 1981.
- Gina Lagorio, La spiaggia del lupo, Mondadori, Milano, 1986.
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