L’Isis dichiara guerra alla Silicon Valley, prendendo di mira due delle società simbolo, Facebook e Twitter. In un video di 25 minuti, scoperto da Vocativ, lo Stato islamico minaccia direttamente Mark Zuckerberg e Jack Dorsey: «Presto i vostri nomi spariranno dopo che avremo cancellato i vostri siti e, Allah volendo, saprete che quello che stiamo dicendo è la verità». (continua…)
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L’Fbi mette in rete il videogame anti Isis
ma è un flop
12 FEBBRAIO 2016 | di Marta Serafini | @martaserafini
Gli Stati Uniti ci riprovano ma senza successo. “Don’t be a puppet” (“non essere una marionetta”) è il titolo scelto dall’Fbi per il suo nuovo sito . Obiettivo, contrastare la propaganda di Isis e il reclutamento in rete che più di ogni altro gruppo terroristico ha saputo usare la tecnologia, scimmiottando videogame e cultura geek, per adescare i giovani e convincerli a partire per la Siria e l’Iraq.
Tra una scheda sui gruppi terroristici e le indicazioni su come fare e a chi rivolgersi se si viene contattati da un reclutatore, in una sezione del portale, si trova un videogame dal titolo Slippery Slope, in cui una capretta deve evitare alcuni ostacoli e mucchi di pietra. Il messaggio è chiaro: evitare che i giovani credano alla visione del mondo proposta dallo Stato Islamico. Peccato che la grafica e il livello di sofisticatezza tecnologica messi in campo dal Federal Bureau siano davvero poca cosa, soprattutto se paragonati a quelli dei terroristi, che davvero senza sosta vengono prodotti materiali multimediali di ogni tipo mettendo al centro dei loro “prodotti” violenza e terrore. Siti di tech come Gizmodo (ma anche lo stesso Guardian) hanno sottolineato come per combattere la propaganda jihadista serva ben altro. Di fronte a filmati che si ispirano a videogame diffusissimi come Grand Theft Auto o a film d’annata come il Leone del deserto, non possiamo dunque pensare di vincere mettendo in rete videogame e siti che sembrano vecchi di dieci anni o che hanno l’appeal per i giovani di una lezione di scienze.
C’è anche un account con tweet di minacce all’Italia, tra i 125 mila profili sospesi da Twitter. (continua…)
Tornano Dig Awards, premi internazionali dedicati al giornalismo d’inchiesta video che saranno assegnati a Riccione durante il Dig Festival, in programma dal 23 al 25 giugno 2016. Tante le novità di questa edizione del concorso, nato dalla ventennale esperienza del Premio Ilaria Alpi e organizzato dall’Associazione Documentari Inchieste Giornalismi.
Aumentano le categorie di concorso, ben sei. Da segnalare la sezione Focus on Italy, che assegna un premio di produzione di 20.000 euro al miglior progetto d’inchiesta video dedicato all’Italia (iscrizioni aperte fino al 16 maggio). Il vincitore è scelto in una sessione in cui gli autori presentano il loro progetto alla giuria e a una platea composta da società di produzione, distributori e rappresentanti dell’autorevole Journalism Fund. Il tutto mentre sono già due i progetti del 2015 trasformati in inchieste tv: il vincitore Italian offshore, sulle trivellazioni al largo delle coste italiane, e Follow the paintings, sui traffici illeciti nel mondo dell’arte.
Mentre Twitter, Facebook, Google (e di recente anche Telegram) rimuovono senza sosta gli account della propaganda jihadista, prendono sempre più piede i Tumblr di Isis. Tumblr è una piattaforma di microblogging e social networking, nata nel 2007 e acquistata nel 2013 da Yahoo! per volere di Marissa Mayer. Dato il suo stile immediato, è molto popolare tra le adolescenti, motivo per cui lo Stato Islamico ne fa sempre più uso. E se già l’anno scorso molto era circolato tra gli studiosi di terrorismo e i giornalisti il link del Diary of a Muhajirah che raccontava la vita di una giovane sposa del Califfato in termini entusiastici, ora sono nati nuovi siti. (continua…)
Il caso di #BrusselsLockdown è solo l’ultimo esempio. Oltre i gattini postati dagli utenti in risposta alla richiesta dalla polizia belga di silenzio, da tempo ormai gli utenti di tutto il mondo usano i social network per costruire una contro-narrativa alla propaganda dello Stato Islamico. Secondo molti è infatti l’ironia la risposta migliore ai proclami di morte che i jihadisti postano sulle bacheche e le piattaforme che usiamo tutti i giorni. (continua…)
Fuori dai radar. È così che i terroristi di Parigi hanno comunicato tra loro e con i vertici di Isis: attraverso messaggi cifrati. A più di una settimana dalla strage non è ancora chiaro quale mezzo di comunicazione i jihadisti abbiano usato per progettare e portare a termine i raid. «Gli attacchi sono stati pianificati sotto il naso della polizia belga e francese», ha scritto il Wall Street Journal.
«I terroristi prima di entrare in azione si sono scambiati degli sms», è la notizia che è trapelata nei giorni successivi. Speculazioni sono anche circolate sulla possibilità che i terroristi abbiano usato le chat del network della Playstation per dialogare. Ma si tratta solo di ipotesi che per il momento non trovano nessuna conferma e, anzi, la maggior parte delle volte sono state smentite.
In tanta incertezza, un dato certo c’è. Isis è il gruppo terroristico più avanzato a livello tecnologico. Non è un caso che la divisione cyber del Califfato abbia tentato di creare un suo social network (Kilafahbook). E non è certo per gioco che negli ultimi mesi sono stati diffusi manuali scritti e video in inglese e in arabo per spiegare alle reclute come evitare di essere rintracciati. «Così possiamo eludere il controllo dei crociati», scriveva un jihadista in rete. In febbraio nel Califfato sono stati messi al bando gli iPhone perché considerati troppo vulnerabili sotto il profilo della tracciabilità. Inoltre Isis ha stilato una vera e propria classifica delle app sicure e di quelle a rischio. Nel primo gruppo rientrano Wickr, Threema, Surespot e Signal. A renderle più appetibili è infatti una caratteristica che di per sé è gradita a tutti. A differenza di WhatsApp, Line e Viber, privilegiano la privacy dei loro utenti e mantengono su un livello protetto le conversazioni.
Hacker, ex Miss e ingegneri informatici, l’esercito invisibile che combatte Isis in rete
17 NOVEMBRE 2015 | di Marta Serafini | @martaserafini
E’ un esercito invisibile quello che in queste ore sta combattendo Isis in rete. (continua…)